Distanze dai Confini: Rapporto tra Norme, Conseguenze e Responsabilità

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Distanze dai Confini: Rapporto tra Norme, Conseguenze e Responsabilità

La Recente Sentenza 25498/2021 della Cassazione spiega quale sia il rapporto tra le norme, quali siano le conseguenze per il mancato rispetto delle distanze, e quanto pesa la responsabilità del professionista.

Distanza significa così poco per qualcuno, ma così tanto per qualcun altro.

Anonimo

Sul tema delle distanze esiste tanta giurisprudenza.

Ne esiste talmente tanta che ogni tanto mi chiedo come sia possibile, per noi professionisti, continuare a commettere errori.

Eppure succede.

Accade perchè la materia è comunque controversa, è fatta di tante leggi e norme che si sovrappongono, è fatta di leggi scritte male tali da poter essere interpretabili; e a dirla tutta, anche la giurisprudenza sulla materia, è un po’ confusa: si possono trovare sentenze che dicono tutto e il contrario di tutto.

Ma allora, com’è possibile per noi tecnici smart, sopravvivere in questa giungla?

Andiamo per ordine.

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Prima illustriamo il caso di specie, e dopo vediamo i concetti che possiamo portarci via dalla Sentenza 25498 del 21 settembre 2021

  • Rapporto tra norme: la norma comunale e il suo rapporto con quella del codice civile
  • Conseguenze reali che derivano dal mancato rispetto delle norme sulle distanze
  • Responsabilità del tecnico professionista incaricato, e le sue conseguenze per l’accertato errore.
  • Conclusioni

Il Caso: mancata distanza dal confine in presenza di due norme

Il solito caso di lite tra confinanti.

Siamo in zona agricola. Uno dei due costruisce a 5 m dal confine.

Sembrerebbe ammissibile da un regolamento locale del 1971 che disciplina le distanze dal confine per le costruzioni in agro.

Nel 1993 sopraggiunge un nuovo piano regolatore, che indica in 10 m la distanza minima per le costruzioni in agro.

Nella sentenza c’è anche la disamina sul fatto che uno dei regolamenti esplicita le distanze in funzione della destinazione d’uso del fabbricato.

Ma non voglio entrare troppo nel merito; quel che ci interessa è estrarre alcuni concetti fondamentali.

Rapporto tra le Norme

I primi concetti che possiamo portarci dietro, dopo la lettura della Sentenza della Cassazione n. 25498/2021 sono:

  • in materia di distanze tra edifici e dai confini, le norme dei regolamenti edilizi comunali sono integrative agli articolo del Codice Civile
  • le costruzioni devono adeguarsi alla disciplina vigente al momento della loro realizzazione (e io aggiungo, e non solo al momento del rilascio del titolo edilizio!)
  • il piano regolatore comunale successivo prevale su tutti i precedenti regolamenti comunali, soprattutto quanto pone regole di carattere generale e non particolare (il caso vedeva una distinzione delle distanze tra fabbricati a diversa destinazione d’uso prevista dal regolamento locale del 1971, contro il regolamento edilizio comunale del 1993 che pone una distanza indistinta dalla destinazione d’uso)

Conseguenze del Mancato Rispetto delle Distanze

Le conseguenze, ahimè, sul mancato rispetto delle distanze fanno male.

Se da una parte è vero che la Corte ci indica il primo importante concetto:

La demolizione dell’opera non è sempre necessaria ed inevitabile

dall’altra, il secondo concetto che possiamo far nostro fa comunque paura:

E’ possibile procedere alla demolizione della sola parte che non rispetta le distanze, riportando la costruzione entro i limiti di legge

Responsabilità del Progettista

E qui sono dolori.

Sappiamo che la nostra è una professione fatta di responsabilità.

Ogni timbro e firma è una potenziale Spada di Damocle che pende sulla nostra testa.

E si sa, quando si lavora, l’errore è dietro l’angolo.

La Corte di Cassazione, nella Sentenza, ce lo ricorda.

Il proprietario dell’edificio può avere diritto a chiedere il risarcimento dei danni al professionista a cui ha affidato la progettazione dell’opera, se l’edificio progettato non rispetta le distanze e deve essere demolito, anche in parte.

Sbam.

La motivazione sta nel fatto che, come giustamente riconosce la Cassazione, il professionista non solo è tenuto a progettare l’opera, ma a farlo nel rispetto e nella conoscenza delle norme in materia di edilizia e urbanistica.

E mi pare una motivazione più che logica.

Consigli Smart da Inserire nella nostra Cassetta degli Attrezzi

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Al di là dei concetti tecnici sopra espressi che è ben far propri per una sana e duratura vita da progettista, uno dei consigli che mi sento di dare è

Studia. Leggi. Informati. Confrontati con gli altri, ma non chiedere la soluzione gli altri. Le basi del tuo lavoro devono venire da te, e non da quello che qualcuno ti dice.

Spiego meglio. Spesso vedo/sento colleghi che si recano presso l’ufficio tecnico comunale e basano il loro progetto su due minuti di chiacchierata.

Con la pretesa, quasi, che in due minuti, il tecnico comunale abbia potuto dare tutte le risposte, quasi fare una istruttoria completa, ad un progetto che conosce da due soli minuti.

Mentre loro ci sono dietro da mesi.

Lo so, è molto più semplice chiedere che studiare.

Ma se studi, il bagaglio tecnico rimane e non hai più bisogno di chiedere.

Anzi, ti poni nella condizione di poter agire in modo corretto a prescindere da chi hai davanti.

Questo era il consiglio che mi sentivo di dare.

Scarica la Sentenza della Cassazione n. 25498 del 21 settembre 2021

Compila il form sottostante e scarica il testo integrale della Sentenza della Corte di Cassazione n. 25498 del 21/09/2021

4 commenti
  1. Maria Teresa Barni
    Maria Teresa Barni dice:

    Vivo questa situazione:
    ho una villetta unifamiliare in costruzione su terreno di mia proprietà. Ho acquistato il terreno per costruirci sopra la mia casa. La società che era incaricata di organizzare le lavorazioni si avvaleva di subappaltatori stabilendo direttamente contratti con loro. Però il progettista è l’impresa che ha posato il cappotto erano direttamente in rapporto con me. Sta di fatto che la Società incaricata di curare l’avanzamento lavori decide di interrompere i rapporti e quindi l’avanzamento dei lavori per problemi finanziari e, dopo aver io intrapreso una ATP, nella relazione del CT si evidenzia che ho pagato più di 30.000 euro a loro rispetto alle lavorazioni eseguite ed ai vizi rilevati dal Perito del Tribunale. Ma questa è solo una questione. L’altro problema, attinente all’argomento qui trattato, è che il vicino confinante ha richiesto un accesso agli Atti al Comune e conseguentemente ha chiesto una verifica di quanto costruito rispetto al PDC. Dalla verifica è emerso che non ci sono i 5 metri tra un muro ad ovest della mia casa (che è ancora solo fatto di struttura, cappotto, betoncino interno e tinteggiatura esterna) e il muro di cinta di questi signori confinanti.
    Ora il progettista sostiene di aver tracciato la misura dei 5 metri dal confine quando è stata posizionata la platea, lui era presente e lo conferma ancora oggi. Ma poi l’impresa che ha messo in opera il cappotto lo ha montato esternamente fuoriuscendo di diversi centimetri perché così è stabilito da quel tipo di lavorazione. Il Progettista sostiene che il Cappotto è stato scelto dopo il posizionamento della platea, che lui non sapeva che sistema si sarebbe utilizzato, quando invece già dal progetto lo si era scelto come parte della casa. L’impresa che l’ha materialmente messo in opera non vuole assumersi la responsabilità del mancato rispetto della distanza, si ritengono meri esecutori su struttura, platea e colonne in cemento armato, già esistente, io mi ritrovo a dover far arretrare il muro e nessuna delle parti in causa si assume la responsabilità, anche economica, di tale, situazione.
    Lei cosa mi consiglia?

    Rispondi
    • Enrico
      Enrico dice:

      Buongiorno Maria Teresa. Seppur la sua descrizione sia esaustiva per comprendere l’impasse creato, è difficile dare risposta certa sulla strada da percorrere.
      In questa fase, al di là della ricerca della responsabilità (che sarà attestata da qualcun altro, e molto probabilmente in solido tra impresa e professionista), l’approccio corretto (smart) del tecnico dovrebbe essere quello di capire quale strada percorrere per riportare l’immobile ad una condizione di legittimità.
      La prima verifica da effettuare è se esistono delle norme che permettono di considerare l’immobile legittimo, così come è stato realizzato. (ad esempio, le tolleranze costruttive previste dal Testo Unico dell’Edilizia).
      Qualora non si trovino delle norme per legittimare quanto realizzato, si dovranno individuare quali sono i lavori minimi e meno impattanti per il rispetto della distanza minima.
      La situazione non è delle migliori e le strade per uscirne vanno ricercate con un approccio unitario tra committente impresa e professionista, e non con lo scarico di responsabilità tra le parti coinvolte.

      Rispondi
  2. Mariella Gravili
    Mariella Gravili dice:

    Buongiorno,
    Purtroppo sovente si sbaglia x incompetenza,ma anche x volontà di abusare di potere,pensando che le norme possano essere piegate anche con prepotenza,impaurendo subdolamente e con arroganza

    Il comune esercita da sempre attraverso compiacenze liberatorie in contrasto perfino con leggi sulle distanze..
    Il comune permette la collocazione di scala esterna in ferro a chiocciola alta 5 metri sul confine
    Art 873 almeno 3 metri di distanza richiesti dal vicino
    Ma il proprietario confinante si titola ingegnere, rifiuta adducendo di eseguire x legge ogni lavoro di ristrutturazione con superbonus,affidandosi ad architetto
    Amico dei tecnici comunali

    Nonostante essere stati invitati a trovare
    Altri punti di allocazione x tale scala giacché è molto grande il giardino
    Rifiutano..
    E x paura di ritorsioni e aggressioni ,x tranquillità…lasceremo l’avanzata pretesa ABUSIVA CON I CONNESSI..PERICOLI …
    VALUTANDO PIÙ PERICOLOSE E MINACCIOSE LE INTIMIDAZIONI

    EPPURE BASTEREBBE UN SOPRALLUOGO, NN CERTO DEI VIGILI COMUNALI,CONNESSI CON PUBBLICA AMMINISTRAZIONE COMUNALE,SORGENTE E SUSSISYENTE DEL MALAFFARE QUI

    QUINDI …VEDREMO SE QUELLI CHE ELARGISCONO IL BONUS 110 FARANNO I CONTROLLI ??
    OPPURE D’UFFICIO..SENZA CONTROLLO ALCUNO?!
    UN CORDIALE SALUTO 👋
    MARIELLA

    Rispondi
    • Enrico
      Enrico dice:

      Ciao Mariella,
      Purtroppo so che, a volte (non sempre, anzi!), esistono dinamiche totalmente illegali nel rapporto tra PA e tecnici. Se ne vedono di ogni colore.
      Quel che ti posso consigliare è quello di rivolgerti ad un legale tempestivamente e di agire ai vari livelli (urbanistico, civile e, laddove il consulente legale lo ravvisi, anche penale).
      In questo blog spero di portare i tecnici colleghi a dei rapporti sani con la PA, e all’interno della legalità.

      Rispondi

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