La Normale Tollerabilità in Acustica

La Normale Tollerabilità nell’Acustica è un principio derivante del Codice Civile secondo il quale ogni proprietario può emettere rumori dalla sua proprietà sempre e solo entro un limite di normale tollerabilità.

Trovo molto interessante

la mia parte intollerante

Caparezza

La normale tollerabilità è un principio giuridico disciplinato dall’articolo 844 del Codice Civile.

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Vediamolo insieme

Art. 844 Codice Civile – Immissioni

Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.

Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.

Articolo 844 Codice Civile

Questo principio stabilisce che nessuno può impedire le emissioni normali di un vicino, a meno che non superino la normale tollerabilità.

Se da una parte nessuno può impedire le emissioni entro un limite di normale tollerabilità, questo significa che dall’altra ogni proprietario ha il diritto di fare tutto ciò che vuole sulla sua proprietà, sempre all’interno di quel perimetro di tollerabilità normale, e sempre che non causi danni alla proprietà altrui.

La Normale Tollerabilità in Acustica Ambientale

Senza voler entrare troppo nel merito, l’acustica ambientale è quella parte della fisica che studia il suono e il rumore nell’ambiente.

Gli ingegneri acustici (in Italia vengono riconosciuti come “Tecnici Competenti in Acustica Ambientale“, e iscritti in appositi elenchi regionali) lavorano per misurare e minimizzare l’impatto del rumore sull’ambiente e sulla salute umana.

Se prendiamo il concetto espresso dall’articolo 844 del Codice Civile, e lo decliniamo in campo acustico, notiamo che:

  • un proprietario può generare rumore ed emetterlo al di fuori del proprio fondo
  • il confinante (nel campo acustico, un ricettore) non può impedire che il vicino generi questo rumore e non può impedire che questo rumore entri nella sua proprietà
  • può impedirlo solo se, non tanto l’emissione del primo, quanto l’immissione di questo rumore nella sua proprietà supera un limite di “normale tollerabilità

In acustica, la normale tollerabilità è quel perimetro entro il quale livello di rumore prodotto da una proprietà rimanga entro i limiti accettabili.

Se il livello di rumore supera la normale tollerabilità, il proprietario può essere obbligato a ridurre il rumore o a prendere misure per mitigarlo.

Misure di mitigazione legali … aggiungo.😂😂

Limiti di Normale Tollerabilità in Acustica

Ma quali sono questi limiti di normale tollerabilità nel campo dell’acustica?

La domanda è lecita e la risposta è diretta

  • +3 dB (decibel)

A voler essere più precisi, si tratta di un aumento di 3 decibel rispetto al valore di fondo espresso come valore percentile statistico L95, ponderato secondo la curva A con costante di tempo Fast (0,125 s).

Se volessimo tradurre dal linguaggio acustico ad un italiano tecnico ma comprensibile 😂, si potrebbe dire che

  • la soglia della normale tollerabilità è un aumento di 3 decibel rispetto al rumore di fondo.

Ricordiamoci che questo limite di tre decibel è relativo sia al periodo notturno che al periodo di riferimento diurno.

Il periodo diurno è quello che va dalle 6 del mattino alle ore 22, mentre si definisce periodo notturno in acustica ambientale quello che va dalle 22 alle 6 del mattino.

Spesso nei Piani di Classificazione Acustica o di Zonizzazione Acustica dei comuni, viene indicato un differenziale rispetto al rumore di fondo differente per il periodo notturno e il periodo diurno.

Spesso si trovano

  • differenziale di +5dB per il periodo diurno
  • differenziale di +3 dB per il periodo notturno

Ricordiamoci, però, che quei valori non rappresentano i limiti della normale tollerabilità.

Ritorniamo all’aumento dei 3 dB previsti per la normale tollerabilità.

Un aumento di tre decibel, che sembrano pochi, in realtà corrispondono ad un raddoppio della potenza sonora.

Poiché corrisponde al raddoppio della potenza sonora, possiamo assumere una relazione di questo tipo.

Se per esempio rileviamo una L95, ponderato in A e in costante Fast) di 35 dB, allora la potenza sonora della nostra sorgente potrà essere al massimo di altri 35 dB

La somma dei due logaritmi 35 db + 35db porta infatti ad un aumento di 3 decibel, ovvero 38 dB

Pertanto la nostra sorgente potrà emettere un rumore che è pari al rumore di fondo rilevato in L95.

Come Misurare Il Contributo della Sorgente per la Normale Tollerabilità?

Lo so, l’immagine non è quella di un fonometro.

Per misurare il contributo di una sorgente di emissione di rumore per la normale tollerabilità sono necessari alcuni elementi:

  • fonometro in classe 1, con certificazioni e tarature
  • Tecnico competente in acustica ambientale, iscritto in un elenco regionale e nell’elenco nazionale Enteca
  • Colla Vinilica, e forbici arrotondate.

Fatto?

Bene.

A parte il terzo punto, il tecnico competente in acustica ambientale dovrà misurare, oltre al rumore di fondo con L95, il contributo della sorgente sonora che potenzialmente può superare il limite di normale tollerabilità.

  • Sorgente con Rumore Continuo
    • immissioni stazionarie o continuative nel tempo, LAF95 sarà un buon descrittore
    • immissioni stazionarie o continuative nel tempo, con pause, LAF95 sarà un buon descrittore previo mascheramento della pause
    • immissioni stazionarie o continuative nel tempo, con componenti tonali e/o impulsive, LAF95 sarà un buon descrittore + 5dB (LC = LAF95 + 5dB sia per le componenti tonali che per le componenti impulsive)
  • Sorgente con Rumore Continuo Variabile nel Tempo
    • immissioni variabili e continuative nel tempo, LAeq sarà un buon descrittore
    • immissioni variabili e continuative nel tempo ma con pause, LAeq sarà un buon descrittore previo mascheramento delle pause
    • immissioni variabili e continuative nel tempo ma con componenti tonali e/o impulsive, LAeq sarà un buon descrittore+ 5dB (LC = LAeq + 5dB sia per le componenti tonali che per le componenti impulsive)

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Costruzioni In Aderenza e In Appoggio. Differenza

Esiste una sostanziale differenza tra le costruzioni in aderenza e in appoggio.

La distanza avvicina ciò che la vicinanza ignora.

Santy Giuliano

Esiste una sostanziale differenza tra le costruzioni in aderenza e in appoggio.

Nel testo che segue, proviamo a semplificare questi concetti in modo che siano facilmente fruibili da tutti noi in modo, semplice, veloce ed efficace.

Conoscere la differenza tra le costruzioni in appoggio e in aderenza è fondamentale, e ci potrà essere molto utile nella professione, perché n base a come possiamo considerare una costruzione, se in appoggio o in aderenza, cambiano le regole da rispettare anche in materia di distanze tra le costruzioni.

Le Costruzioni in Aderenza

costruzioni in aderenza

Le costruzioni in aderenza sono definite dall’articolo 877 del Codice Civile, che recita:

Articolo 877 – Costruzioni in aderenza

Il vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, può costruire sul confine stesso in aderenza, ma senza appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente.

Questa norma si applica anche nel caso previsto dall’articolo 875; il vicino in tal caso deve pagare soltanto il valore del suolo.

Art. 877 del Codice Civile

Una delle caratteristiche delle costruzioni in aderenza è che mantengono un’autonomia strutturale e funzionale, pur essendo aderenti ma non appoggiate al muro di confine.

Per aderenza, infatti, non si intende una cooperazione costruttiva o strutturale con la costruzione (o il muro) con la quale viene effettuata l’aderenza.

E’ esattamente l’opposto: l’aderenza tra due costruzioni si definisce dall’indipendenza delle due costruzioni sotto il profilo costruttivo, statico, funzionale e strutturale, e dalla concomitante assenza di intercapedini tra le due.

Le Costruzioni in Appoggio

costruzioni in appoggio

La possibilità di edificare costruzioni in appoggio è disciplinata dall’articolo 884 “Appoggio e immissione di travi e catene nel muro comune” del Codice Civile

Art. 884 – Appoggio e immissione di travi e catene nel muro comune

Il comproprietario di un muro comune può fabbricare appoggiandovi le sue costruzioni e può immettervi travi, purché le mantenga a distanza di cinque centimetri dalla superficie opposta, salvo il diritto dell’altro comproprietario di fare accorciare la trave fino alla metà del muro, nel caso in cui egli voglia collocare una trave nello stesso luogo, aprirvi un incavo o appoggiarvi un camino. Il comproprietario può anche attraversare il muro comune con chiavi e catene di rinforzo, mantenendo la stessa distanza. Egli è tenuto in ogni caso a riparare i danni causati dalle opere compiute.

Non può fare incavi nel muro comune, né eseguirvi altra opera che ne comprometta la stabilità o che in altro modo lo danneggi.

Art. 884 del Codice Civile

Come possiamo vedere, la differenza sostanziale tra le costruzioni in appoggio e quelle in aderenza è che quelle in appoggio sfruttano un muro o una costruzione esistente per sorreggersi.

Una costruzione che si appoggia su un muro in comune, potrà essere definita “in appoggio” se avrà bisogno di questo muro per sorreggersi (per esempio grazie all’innesto di travi nella sezione del muro).

Un aspetto interessante di questo articolo 884 che disciplina la possibilità di edificare una costruzione in appoggio è che si parla di comproprietario del muro.

Verrebbe da pensare, leggendo questo articolo, che solo nei casi di comproprietà sia quindi possibile edificare in appoggio.

Ed effettivamente è così, salvo la possibilità, per l’eventuale confinante non comproprietario del muro, di poter chiedere la comunione del mura ex post.

Questo è possibile grazie all’articolo 874 del Codice Civile

Art. 874 – Comunione forzosa del muro sul confine

Il proprietario di un fondo contiguo al muro altrui può chiederne la comunione, per tutta l’altezza o per parte di essa, purché lo faccia per tutta l’estensione della sua proprietà. Per ottenere la comunione deve pagare la metà del valore del muro, o della parte di muro resa comune, e la metà del valore del suolo su cui il muro è costruito. Deve inoltre eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino.

Art. 874 del Codice Civile

Quando una costruzione è in appoggio, il muro di confine diventa parte integrante e sostanziale di entrambe le costruzioni.

E’ un aspetto da non sottovalutare sotto tanti punti di vista:

  • per le manutenzioni, che diventano a carico di entrambi i proprietari;
  • poiché diventa parte integrante delle costruzioni, questo dovrà essere idoneo a sopportare il carico della costruzione in appoggio

Costruzioni in Aderenza e in Appoggio, in sintesi.

Le costruzioni in aderenza devono rispettare tutte le seguenti condizioni:

  • mantengono un’autonomia strutturale e funzionale
  • non vi sono intercapedini tra la costruzione esistente e quella che viene edificata in aderenza

Le costruzioni in appoggio:

  • non hanno autonomia strutturale e funzionale, ma si servono del muro o costruzione sul quale si appoggiano per sorreggersi
  • nel caso di comproprietà, l’appoggio deve poter servire entrambi i fondi confinanti, e pertanto il muro deve essere in grado di reggere le costruzioni che vogliono essere edificate in appoggio

Sottoconcetto finale o citazione finale (o ripetizione di quella iniziale)

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Soluzione Tecnica Per Il Foro di Aerazione Senza Ponte Termico e Ponte Acustico

Nelle costruzioni nelle quali dobbiamo garantire l’aerazione di alcuni ambienti, possiamo studiare una soluzione che permetta il passaggio d’aria senza perdere in prestazioni energetiche e acustiche dell’edificio, evitando il ponte termico e il ponte acustico

Quando si spezza il ponte, entrambe le sponde continuano a esistere.

Frase letta sul web.

In alcuni ambienti delle nostre costruzioni, a volta, è necessario garantire una presa d’aria che permetta l’aerazione dell’ambiente.

Mi viene in mente, nel residenziale, il caso delle cucine per le quali è spesso necessario la realizzazione di un foro che permetta l’aerazione e/o la ventilazione.

Nel 95% dei casi, io continuo a vedere che la realizzazione avviene mediante un foro passante nella muratura, diretto, e senza nessuna protezione.

Questo foro passante per permettere l’aerazione dell’ambiente cucina genera una forte dispersione del calore interno, nonché un sicuro ponte acustico, dove il rumore è libero di entrare.

Nel testo che segue vedremo i motivi termici e acustici per i quali è da evitare la realizzazione di un foro passante, e quali sono alcune soluzioni tecniche da adottare per ridurre al minimo le dispersioni di calore e i ponti acustici

Sul Perché Realizzare un Foro Passante Per l’Aerazione degli Ambienti è Un Errore Sotto il Profilo Energetico e Acustico

L’oggetto di questo articolo non è, certamente, quello di indicare che non siano da realizzare, laddove necessari, le aerazione e ventilazioni di alcuni ambienti, come le cucine, in ossequio a quello che richiede la normativa di settore.

La soluzione tecnica maggiormente adottata, e certamente errata, è di quella di realizzare un foro passante privo di protezione che permette all’aria di entrare direttamente dall’esterno verso gli ambienti interni.

Gli ambienti interni sono quelli che le persone abitano, e per i quali ambienti le persone spendono dei soldi per riscaldare e raffrescare questi ambienti.

Non solo.

Sono gli ambienti dove le persone trascorrono il loro tempo (spesso parliamo delle mura domestiche), e sono ambienti nei quali le persone vorrebbero passare questo tempo in tranquillità.

Avere un foro che permette ai rumori di entrare direttamente, e all’aria fredda/calda di uscire/entrare, non agevola quello che si chiama “comfort termico e acustico” di detti ambienti.

Si spende tanto per riscaldare l’immobile … e poi c’è un foro che permette al calore di uscire, senza nessun ostacolo.

Oltre alla creazione di correnti d’aria che aumentano la sensazione di freddo interno agli ambienti.

O peggio ancora se analizziamo il problema sotto il profilo acustico.

Se prendiamo il caso delle nuove costruzioni, si spendono tanti soldi per far in modo che l’immobile abbia dei requisiti acustici passivi che, oltre a rispettare la normativa sulla carta, li rispettino anche nella realtà.

Progettare e realizzare una parete che abbia un potere fonoisolante alto, e poi perdersi in un dettaglio quale un foro diretto, passante, senza nessun tipo di protezione equivale ad aver realizzato una parete non prestante.

Praticamente, abbiamo buttato i soldi relativi all’isolamento acustico.

Esiste un ma … per nostra fortuna!

Esistono delle soluzioni tecniche che permettono di ovviare al problema della dispersione di calore derivante dal foro per l’aerazione e che permettono di ovviare al problema del mantenere una buona protezione dell’edificio dal rumore esterno.

Foro per l’Aerazione: Soluzioni per Evitare i Ponti Termici e i Ponti Acustici

Se nel paragrafo precedente abbiamo visto le motivazioni sul perché realizzare dei fori passanti, privi di protezione termica e acustica, rappresenta un errore sotto il profilo energetico e acustico, in questo paragrafo vedremo

I concetti fondamentali che stanno alla base delle soluzioni che vedremo sono i seguenti:

  • Aspetti Energetici:
    • far in modo che la temperatura dell’aria in ingresso sia il più possibile vicino alla temperatura dell’aria dell’ambiente interno
    • far in modo che l’aerazione non determini una discontinuità della prestazione energetica dell’involucro
  • Aspetti Acustici:
    • far in modo che il rumore in ingresso dall’esterno verso l’interno venga abbattuto mediante assorbimento durante il percorso

Sembra banale, eppure non lo è.

Di seguito vi mostro alcune soluzioni tecniche adottate per ovviare al problema del foro passante privo di protezione

evitare ponte acustico foro aerazione cucina
soluzione foro aerazione ambienti evitare ponte termico cucina

Entrambe le soluzioni proposte sopra sono delle buone soluzioni per evitare il ponte termico e il ponte acustico.

Sotto il profilo energetico, il vantaggio di entrambe le soluzioni è che si incassano all’interno dell’elemento murario e, mediante il disallineamento del foro di ingresso dal foro di uscita, evitano che esista una sezione passante non coibentata.

Inoltre l’elemento stesso è costituito di materiale coibente, e per questo il suo inserimento all’interno della struttura opaca verticale eviterà che la trasmittanza termica sia inferiore a quella della parete.

Sotto il profilo acustico, si basano entrambi su un concetto che è quello del far percorrere al suono un percorso più lungo e contorto:

  • nella prima immagine, seppur il foro di ingresso e di uscita sono allineati, tra essi vi sono delle ostruzioni, con materiali fonoassorbenti, che faranno rimbalzare il suono in un percorso più ampio e lungo pareti che ne riducano l’energia
  • nella seconda immagine, si applica lo stesso concetto di un suono che dovrà percorrere un tragitto più lungo prima di entrare negli ambienti interni, e dovrà rimbalzare lungo le pareti di materiale fonoassorbente; in questo secondo caso, i due fori sono disallineati

Entrambe le soluzioni sono molto valide.

In base al vostro caso specifico potrete scegliere l’una, l’altra, o qualsiasi altra soluzione tecnica proposta da altre case che, molto probabilmente, si baseranno sui principi sopra descritti.

Foro per l’Aerazione: Soluzioni per Risolvere i Ponti Termici e i Ponti Acustici già Esistenti

A volte possiamo progettare da zero l’immobile, ed è molto semplice prevedere queste soluzioni al fine di ottenere l’obiettivo dell’aerazione degli ambienti, senza compromettere le prestazioni energetiche e le prestazioni acustiche del nostro edificio.

Altre volte dovremo intervenire in situazioni esistenti dove il foro passante senza nessuna protezione è già stato realizzato e noi siamo chiamati a sistemare il problema.

Per nostra fortuna, esiste una soluzione tecnica anche per questo caso specifico.

Se ci troviamo un ponte termico e un ponte acustico derivanti da un foro passante, alcune case produttrici forniscono dei buoni prodotti che applicano gli stessi concetti sopra indicati, ma in una sezione cilindrica.

Provo a spiegarmi meglio con questa immagine:

soluzione ponte acustico

Sarà sufficiente inserire, in un foro già esistente e previa rimozione delle griglie, questi sistemi che permettono all’aria di entrare ma ne modificano il percorso.

In questi silenziatori, infatti, il percorso diventa spirale all’interno del cilindro, e le pareti del percorso di materiale fonoassorbente, riducono l’energia sonora prima che entri negli ambienti interni

Ecco un’altra immagine

soluzione ponte acustico soluzione ponte termico foro aerazione

Spero che le soluzioni proposte possano esserti d’aiuto.

E da tecnici smart, nelle nostre progettazioni, ricordiamoci di non dimenticare di prevedere le adeguate protezioni energetiche e acustiche dei fori di aerazione 🙂

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Requisiti Acustici Passivi Degli Edifici – DPCM 5-12-1997

I Requisiti Acustici Passivi Degli Edifici previsti dal DPCM 5/12/1997. Che cosa sono e che prestazioni prevedono

L’abitudine è l’intersezione di conoscenza (cosa fare), abilità (come fare) e desidero (voler fare).

Stephen Covey

I requisiti acustici passivi degli edifici sono previsti dal DPCM 5/12/1997.

Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 Dicembre 1997 intitolato “Determinazione dei Requisiti Acustici Passivi degli Edifici” reca, come dice il titolo stesso, quali sono i requisiti acustici, e come vanno determinati, degli edifici.

Perchè passivi?

Perché si tratta di rumore subìto.

Ovvero determinare quali sono le prestazioni in materia di riduzione dei livelli di rumore che proviene dall’esterno verso i nostri ambienti interni che dobbiamo verificare.

Requisiti Acustici Passivi degli Edifici – Campo di Applicazione e Data di Efficacia

Fino a quando pensi che il problema stia là, quello stesso pensiero è il problema

Stephen Covey

L’articolo 1 del DPCM 5/12/1997 che disciplina i requisiti acustici passivi degli edifici definisce il Campo di Applicazione

Art. 1. – Campo di applicazione.

  1. Il presente decreto, in attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447,
    determina i requisiti acustici delle sorgenti sonore interne agli edifici ed i requisiti acustici passivi degli

    edifici e dei loro componenti in opera, al fine di ridurre l’esposizione umana al rumore.
  2. I requisiti acustici delle sorgenti sonore diverse da quelle di cui al comma 1 sono determinati dai
    provvedimenti attuativi previsti dalla legge 26 ottobre 1995, n. 447.

Come abbiamo preannunciato, lo scopo è quello della riduzione dell’esposizione umana al rumore.

E’ importante ricordarsi che, in una casa con troppi rumori, vivere diventa impossibile.

Bene … ora che sappiamo il campo di applicazione, da quando sono vigenti?

L’articolo 4 del medesimo DPCM 5/12/1997 ci indica che tale decreto si applica decorsi 60 giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Il DCPM 5/12/1997 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 297 del 22 dicembre 1997, il DPCM 5/12/1997 sulla determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici diventa vigente dal 19 febbraio 1998.

Tutte le nuove costruzioni o ristrutturazioni importanti la cui richiesta di titolo è successiva al 19 febbraio 1998 devono rispettare i requisiti acustici passivi degli edifici.

Requisiti Acustici Passivi degli Edifici – Che Prestazioni Si Devono Rispettare?

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Immagine tratta dal sito Poroton.it

Le prestazioni sui requisiti acustici passivi degli edifici richieste dal DPCM 5/12/1997 riguardano i seguenti aspetti

  • Prestazioni relative alle trasmissioni di rumore di Facciata
  • Prestazioni relative alle trasmissioni di rumore tra Ambienti Adiacenti
  • Prestazioni relative alle trasmissioni di rumore tra Ambienti Sovrapposti
  • Prestazioni relative alle trasmissioni di rumore per Impatto
  • Prestazioni relative agli Impianti a funzionamento continuo
  • Prestazioni relative agli Impianti a funzionamento discontinuo

A voler essere più precisi:

  • Facciata —> isolamento acustico standardizzato di facciata (D2m,nT),
  • Ambienti adiacenti o sovrapposti —> potere fonoisolante apparente di elementi di separazione fra ambienti (R’)
  • Rumore da impatto —> livello di rumore di calpestio di solai normalizzato (L’n)
  • Impianti a funzionamento continuo —> LAeq: livello continuo equivalente di pressione sonora, ponderata A
  • Impianti a funzionamento discontinuo —> LASmax: livello massimo di pressione sonora ponderata A con costante di tempo slow

Non vi spaventate, sostanzialmente il decreto prevede che gli edifici siano progettati per proteggere le persone dall’esposizione al rumore derivante dall’esterno (facciata), da altre unità immobiliari interne (ambienti adiacenti e ambienti sovrapposti), da altre unità per impatto (il calpestio delle unità adiacenti o sovrapposte), e dagli impianti delle altre unità immobiliari (o delle zone comuni).

Requisiti Acustici Passivi degli Edifici – Le Prestazioni si Differenziano per Destinazione D’Uso

requisiti acustici passivi degli edifici dpcm 5 12 1997 limiti

Com’è facilmente intuibile, il decreto sui requisiti acustici passivi degli edifici ha differenziato le prestazioni in funzione delle destinazioni d’uso.

Ecco le Tabelle A e Tabella B che, definiscono le categorie, e per ognuna di esse, le singole prestazioni per ogni tipologia di requisito.

Requisiti Acustici Passivi degli Edifici: Attenzione ai Dettagli

Tutto ciò che ho scritto prima, non è niente di interessante che già non avresti potuto leggere all’interno del DPCM 5/12/1997.

Ora voglio fornirti alcuni consigli per progettare e realizzare immobili che rispettano i requisiti acustici passivi degli edifici.

I Dettagli Sono Tutto

Nell’acustica in edilizia, i dettagli sono tutto.

Progettare una parete con una alto potere fonoisolante, e poi realizzare il classico foro di aerazione passante della cucina, vanifica totalmente la prestazione acustica della parete, rendendo inutile la progettazione e i soldi spesi per la realizzazione di quella tamponatura esterna.

O peggio ancora, posare il materassino anticalpestio senza aver posato adeguatamente la banda perimetrale che serve per desolidarizzare il pavimento dal solaio.

Senza banda perimetrale, quel tappetino anticalpetsio non serve proprio a niente.

Potrei andare avanti per ore a citare dettagli realizzativi che rendono una buona progettazione, un pessimo lavoro.

Ricordati, I Dettagli Sono Tutto!

Conclusione e sintesi – Valutazione ?

I Requisiti Acustici Passivi degli Edifici:

  • Sono disciplinati dal DPCM 5/12/1997
  • Il DPCM 5/12/1997 si applica dal 19 febbraio 1998 (60gg dalla pubblicazione in G.U.)
  • Disciplinano le prestazioni in termini di protezione acustica che un immobile deve avere
  • Le prestazioni sono differenziate per destinazione d’uso
  • Le prestazioni riguardano:
    • prestazioni di facciata
    • prestazioni per rumore aereo tra ambienti adiacenti e sovrapposti
    • prestazioni per rumore da impatto tra ambienti adiacenti e sovrapposti
    • prestazioni di protezione acustica dagli impianti (continui o discontinui)
  • In acustica edilizia, I Dettagli sono tutto!

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Difetti del Cappotto Termico: l’Effetto Cuscino e l’Effetto Materasso

Il cappotto termico è un’opera semplice da realizzare, se si conosce come farla e si ha l’accortezza di rispettare le modalità corrette di posa fornite dalla norma UNI 11715 e dal produttore. In questo articolo vediamo quando dal cappotto emerge l’effetto cuscino e quando l’effetto materasso

L’inventore del materasso, dei cuscini e del piumone aveva tanti altri progetti.

Ma dopo la sua prima invenzione, divenne così pigro che non fece più nulla.

Fabrizio Caramagna

In questo articolo vorrei concentrare l’attenzione su due difetti del cappotto termico.

Come tutti sappiamo, il cappotto termico è una intervento di miglioramento delle prestazioni energetiche dell’edificio, e più in dettaglio dell’involucro edilizio.

In altri termini, il cappotto termico è un intervento di riduzione delle dispersioni termiche, finalizzato a ridurre il fabbisogno energetico del nostro involucro.

Bene.

Da tecnici smart quali siamo, sappiamo che una norma fondamentale da conoscere per una corretta progettazione e posa del cappotto termico è la UNI 11715:2018 Isolanti termici per l’edilizia – Progettazione e messa in opera dei sistemi isolanti termici per l’esterno (ETICS).

Non mi sofferto troppo sull’importanza di conoscere la norma UNI 11715: conoscerla ci permette di anticipare quelli che potranno essere gli errori, e ci aiuta a riconoscere, una volta posato il cappotto, quali possono essere le cause dei danni e dei difetti che una non corretta posa di un cappotto termico può generare in un’opera edile.

Oggi vorrei parlare di due possibili difetti che si possono riscontrare sul cappotto termico, e si manifestano con due effetti differenti che hanno origine dalla stessa causa:

L’effetto cuscino e l’effetto materasso.

Sonno?

difetti cappotto termico effetto cuscino effetto materasso norma uni 11715

Difetti del Cappotto Termico: l’Effetto Cuscino e l’Effetto Materasso

“Il letto è il campo dello spirito liberato dal peso; bisogna essere distesi per vedere il cielo.”

Paul Morand

Prima di proseguire, ho parlato in questo articolo in modo sommario (non certo esaustivo) di quelli che sono alcuni dettagli da non dimenticare per una corretta posa in opera del cappotto termico.

Quindi se per tua fortuna sei in una fase preliminare, il mio consiglio è quello di leggere l’articolo sopra indicato sulle corrette modalità di posa (che dovrai indicare all’impresa) e, ancor più importante per avere una visione più dettagliata di tutti i particolari da rispettare, di leggere la norma UNI 11715.

Se il cappotto è stato posato, e per sfortuna (o imperizia!) presenta dei difetti, non ci rimane che analizzare a quale categoria li possiamo annoverare.

I difetti del cappotto termico possono essere diversi, e oggi mi voglio concentrare solo su come riconoscere l’effetto cuscino e l’effetto materasso.

Il nome dell’effetto (o meglio, del difetto) già ci indica il comportamento del materiale.

Effetto Cuscino:

  • l’effetto cuscino si manifesta quando si ha un rigonfiamento al centro dei pannelli, mentre i bordi dei pannelli del cappotto termico risultano incassati
difetti cappotto termico effetto cuscino

Effetto Materasso:

  • l’effetto materasso è esattamente opposto, ovvero i bordi del pannello sono in rilievo rispetto alla parte centrale che invece risulta incassata.
difetti cappotto termico effetto materasso errore

Quali Possono Essere le Cause dell’Effetto Cuscino e dell’Effetto Materasso del Cappotto Termico?

Le cause di entrambi i difetti, l’effetto materasso e l’effetto cuscino del cappotto termico, si possono annoverare sui difetti di posa, e più in dettaglio un difetto derivante dall’errata posa del collante.

Nel caso dell’effetto cuscino, il collante è stato posato solo sui bordi.

Questo determina una forza di aggrappo al supporto restrostante solo nel perimetro del pannello, senza nessun aggrappo nella parte centrale. La parte centrale del pannello, libera di deformarsi, è vittima anche delle pressioni dell’aria retrostante che spinge il pannello.

Nel caso dell’effetto materasso, il collante è stato posto solo sulla parte centrale (peggio ancora se solo per punti) senza essere posato anche nel perimetro. In maniera diametralmente opposta all’effetto cuscino, l’aggrappo avviene solo nella parte centrale, e i bordi, privi del collante, risultano liberi di muoversi e deformarsi.

Inutile dire che, in entrambi i casi, le sollecitazioni agli strati di finitura per le deformazioni porteranno quasi certamente a fessurazioni.

Su Cosa Incidono i Difetti Effetto Cuscino ed Effetto Materasso del Cappotto Termico?

Fino a quando non vi saranno fessurazioni nello strato di finitura, sia l’effetto cuscino che l’effetto materasso determinano quasi esclusivamente un difetto visivo.

Non vi saranno problemi di riduzione della prestazione.

Quando questo effetto, prolungato nel tempo, o accentuato dagli sbalzi termici o dalle sollecitazioni meccaniche, provocherà le prime fessurazioni, inizieranno i primi problemi di degrado.

La fessurazione porterà i pannelli retrostanti ad assorbire l’umidità esterna, con conseguente perdita della prestazione energetica (che a sua volta, potrà generare formazione di muffe e condense all’interno dell’immobile, per le differenze di temperature).

Ancor peggio quando le fessurazioni saranno tali da permettere l’ingresso dell’acqua: con l’infiltrazione d’acqua, oltre all’imbibimento più rapido del pannello e la conseguente perdita di prestazione energetica, potremo avere formazione di condense interstiziali (tra pannello e muro) o addirittura passaggio d’acqua nell’intercapedine rimasta priva di colla, tale da generare spinte verso l’esterno (si pensi all’acqua che ghiaccia nel periodo invernale, o a quando evapora nel periodo primaverile/estivo) che causeranno, con buona probabilità, il distacco del cappotto termico.

Bene … ora che ho finito di descrivere l’apocalisse, vediamo quali possono essere i rimedi.

difetti cappotto termico effetto materasso errore effetto cuscino
Cappotto? Preferisco un maglioncino!

Quali sono i Rimedi per Poter Ovviare all’Effetto Cuscino e all’Effetto Materasso del Cappotto Termico?

Il rimedio, quello serio, è uno e uno soltanto.

Rimuovere il cappotto termico non eseguito a regola d’arte e farlo rifare ad un professionista, seguito da un tecnico (smart 😂).

Fin tanto che il difetto rimane estetico, si potrebbe pensare di aggrappare un nuovo strato di finitura per ridurre le deformazioni, ovviamente dotato di idonea rete per ancorare il tutto.

Effetto Cuscino ed Effetto Materasso del Cappotto Termico: Sintesi Smart

Effetto Cuscino:

  • descrizione: si ha quando la parte centrale dei pannelli si mostra in rilievo rispetto ai bordi
  • probabile causa: collante posato solo nei bordi
  • possibili problemi: difetto estetico. Col tempo, formazione di fessurazioni, ingresso di umidità e acqua
  • possibili rimedi: consigliata una rimozione e un rifacimento. in alternativa, per i casi meno gravi, nuovo strato di finitura con rete ben ancorato allo strato retrostante

Effetto Materasso:

  • descrizione: si ha quando i bordi dei pannelli sono in rilievo rispetto alla parte centrale
  • probabile causa: collante posato solo nella parte centrale
  • possibili problemi: difetto estetico. Col tempo, formazione di fessurazioni, ingresso di umidità e acqua
  • possibili rimedi: consigliata una rimozione e un rifacimento. in alternativa, per i casi meno gravi, nuovo strato di finitura con rete ben ancorato allo strato retrostante

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Impianto Fotovoltaico in Zona Vincolata

Impianto fotovoltaico in zona vincolata. Esiste una nuova lettura di tutela del paesaggio, vediamo quale.

Quando dici “Sì” a qualcuno assicurati di non dire “No” a te stesso.

Anonimo

Impianto fotovoltaico in zona tutelata.

E’ da qualche tempo (non troppo, a dire il vero) che i giudici dei vari Tribunali Amministrativi Regionali hanno iniziato ad evidenziare alla Soprintendenza qual è un nuovo modo di valutare l’impatto paesaggistico di un impianto fotovoltaico in zona tutelata.

Ne abbiamo parlato anche in questo articolo, dove vi ho raccontato del TAR Abruzzo, che con la Sentenza n. 214 del 20/04/2023, spiegava alcuni nuovi concetti utili e necessari per valutare correttamente l’impatto paesaggistico di un impianto fotovoltaico in zona vincolata.

Nel testo che segue vi voglio raccontare della Sentenza del TAR Campania, che con la Sentenza n. 73/2024, ribadisce alcuni concetti importanti e, ormai attuali, nella valutazione dell’impatto che un impianto fotovoltaico, che poi vi descrivo, può avere sul paesaggio.

Premessa: per quanto un giudice possa dare ragione ad una o ad un’altra parte (e non sta a noi decidere se è giusto o meno), il mio scopo è solo quello di portare alla luce alcuni concetti importanti che possiamo estrapolare dal testo dell’espressione della sentenza per poter capire come va valutato, già nelle fasi preliminari e come tecnici, quello che può essere l’impatto di un’opera che intendiamo realizzare per un nostro committente.

Descriviamo il caso.

L’impianto fotovoltaico e la zona vincolata: descrizione.

L’impianto fotovoltaico “galeotto” è così descritto nel testo della sentenza:

  • 8 pannelli fotovoltaici
  • da installarsi a terra
  • zavorrati su blocchi di cemento di dimensioni 1,20 m x 2,07 m
  • spazio tra le file di 0,90 m
  • disposti su due file
  • area occupata di circa 20.88 mq
  • inclinazione dei pannelli parte da 0.00 m nella parte bassa, e arriva a +0,40 m nella parte alta

Le caratteristiche dell’area di installazione e del contesto sono le seguenti:

  • da installarsi nell’area pertinenziale di un immobile residenziale
  • area vincolata con Decreto Ministeriale per la particolare bellezza
  • contesto agricolo
  • opera percepibile da diversi punti di vista
    • sia per estensione
    • che per cromatismi
    • che per superficie riflettente

Nel prossimo paragrafo vediamo il motivo del diniego della Soprintendenza.

Il Diniego della Soprintendenza all’Impianto Fotovoltaico in Zona Tutelata

La Soprintendenza, nel suo compito di valutare l’impatto paesaggistico dell’opera in relazione al contesto e al vincolo esistente, giustifica il suo diniego, per i seguenti motivi:

I pannelli risulterebbero, seppur posati a terra, visibili da diversi punti di vista e non coerenti con il contesto, sia per cromatismo che per riflessività.

Pertanto, vista la particolare valenza paesaggistica del contesto, caratterizzata da ulivi e macchia mediterranea, l’introduzione di elementi incoerenti nel contesto costituirebbe una grave alterazione del paesaggio, soprattutto non tanto per la sola realizzazione di questo impianto, quanto per la loro diffusione e aggregazione.

Si legge:

… il progetto dell’impianto fotovoltaico come descritto negli elaborati progettuali, se realizzato, determinerebbe una compromissione dei tratti caratteristici della località protetta che sono la ragione stessa per cui la medesima zona è stata sottoposta a vincolo paesaggistico con il d.m. 8 novembre 1968 che ne ha riconosciuto il notevole interesse pubblico ex lege n. 1497/1939 poiché: “riconosciuto che la zona predetto ha notevole interesse pubblico perché la costa e le spiagge di Pisciotta, che formano un tutt’uno con la zona litoranea di Palinuro, per la particolare suggestività, oltre che per i continui scorci panoramici sul litorale, anche per il maestoso ammanto di ulivi secolari, che si spinge fin sullo arenile, conferendo al paesaggio un singolare aspetto agreste spiccatamente mediterraneo, forma un quadro naturale di eccezionale bellezza e l’abitato di Pisciotta, poi, col sua ridente agglomerato urbano posto su una amena collina rivestito di ulti, circondato dalla strada statale, da cui si godono quadri naturali e punti di vista di singolare valore paesaggistico forma un complesso di cose immobili aventi valore estetico e tradizionale in cui l’opero dell’uomo mirabilmente si fonde con la natura” …

estratto dalla Sentenza del TAR Campania n. 73/2024

Impianto Fotovoltaico in Zona Tutelata: La Decisione dei Giudici

La decisione dei Giudici si basa sui nuovi principi di tutela del paesaggio e sull’interesse della nazione affinché vengano diffuse le fonti di produzione di energia da fonte rinnovabile.

La decisione dei giudici sulla compatibilità dell’impianto fotovoltaico in zona tutelata proposto e inizialmente dinegato, può essere così riassunta:

  • i principi fondamentali della legislazione statale costituiscono attuazione delle direttive comunitarie, che mirano alla diffusione
  • secondo giurisprudenza consolidata, la sola visibilità di un impianto fotovoltaico in una zona tutelata non è motivo di diniego
  • la volontà dei legislatori di voler favorire l’installazione delle rinnovabili si può sintetizzare di impedire l’installazione nelle sole aree non idonee all’installazione di fonti rinnovabili che ogni regione ha individuato
  • le motivazioni del diniego, pertanto, devono essere particolarmente stringenti poiché è normale che ogni nuova opera che viene realizzata in zona vincolata ha un impatto sul paesaggio; se ci si limitasse solo a questa considerazione, infatti, nessuna nuova opera potrebbe mai essere realizzata solo perché, è normale, che costituisce un nuovo corpo estraneo al paesaggio stesso
  • esistono diversi interessi coinvolti e contrapposti: da una parte la tutela del paesaggio e dall’altra la necessità di favorire l’installazione degli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile; e seppur il proponente dell’impianto è un privato, l’opera è da intendersi come di pubblico interesse.

I Giudici non hanno perso l’occasione di bacchettare la Soprintendenza

Impianto Fotovoltaico in Zona Tutelata: E’ sempre possibile?

Attenzione a fare delle valutazioni affrettate.

Il fatto che esista un interesse comunitario e nazionale a favorire l’installazione degli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile, compresi quindi quelli fotovoltaici, non può altresì tradursi nella troppo semplice convinzione che d’ora in poi sarà sempre possibile installare tali impianti in barba al paesaggio.

Né possiamo pensare che, con la Sentenza del TAR Campania n. 73/2024, l’impianto fotovoltaico proposto sarà sicuramente autorizzato (anche se sembra molto probabile).

La pronuncia dei Giudici, infatti, è volta ad evidenziare che esistono interessi nazionali da valutare e che i tecnici della Soprintendenza non possono limitarsi a giudicare incompatibile un’opera solo per la sua natura di essere nuova nel contesto.

Che cosa ci possiamo portare a casa?

Da una parte sappiamo esiste un nuovo livello di valutazione delle opere nel contesto paesaggistico e questo può essere coincidente con interessi nazionali; dall’altra, quali tecnici smart, non possiamo cadere nella conclusione, tanto facile quanto errata, che ogni impianto fotovoltaico dovrà essere autorizzato.

Scarica il Testo della Sentenza del TAR Campania n. 73/2024 sull’Impianto Fotovoltaico in Zona Tutelata

Sanatoria in Zona Vincolata. Requisiti dell’Accertamento di Compatibilità Paesaggistica

I requisiti per poter ottenere un titolo in sanatoria in zona vincolata da un punto di vista paesaggistico sono disciplinati dall’art. 167 del D.Lgs 42/2004. Vediamo quali sono i casi per i quali è possibile richiedere e ottenere una sanatoria paesaggistica.

Sanatoria in zona vincolata … dicasi “Accertamento della Compatibilità Paesaggistica”.

sanatoria in zona vincolata accertamento di compatibilita paesaggistica

Ecco svelato l’arcano!

Inutile dire, che, in zona vincolata, è tutto un po’ più difficile.

E penso che sia normale.

Le zone sottoposte a vincolo paesaggistico meritano un grado di attenzione e tutela diverso dalle zone non riconosciute meritevole di pregio.

Vediamo quali sono i requisiti necessari che le opere realizzate in assenza di autorizzazione paesaggistica devono avere affinché ne venga accertata la compatibilità paesaggistica.

Il termine corretto è l’Accertamento della Compatibilità Paesaggistica delle opere realizzate in assenza di Autorizzazione Paesaggistica

Facciamo un po’ di chiarezza sulla terminologia.

Con il termine sanatoria si indicano, generalmente, tutte le richieste derivanti dai vari condoni edilizi.

A volte, però, in modo più generico, si tende a chiamare anche l’accertamento di compatibilità paesaggistica come “sanatoria in zona vincolata“.

Confusione a parte, in questo articolo tratteremo solo dell’accertamento della compatibilità paesaggistica.

La trattazione delle autorizzazioni paesaggistiche nell’ambito del condono edilizio è un po’ complessa perché figlia di tanta giurisprudenza che meriterà una trattazione a parte.

Torniamo all’accertamento della compatibilità paesaggistica.

Accertamento della Compatibilità Paesaggistica e Accertamento della Conformità Urbanistica

Prima distinzione:

L’accertamento della conformità urbanistica è diverso dall’accertamento della compatibilità paesaggistica.

L’accertamento della conformità urbanistica è un procedimento di natura edilizio-urbanistica, disciplinato dall’art. 36 del DPR 380/2001 “Testo Unico dell’Edilizia”, che permette di richiedere un permesso di costruire per sistemare delle opere eseguite in assenza dei dovuti titoli.

L’accertamento della compatibilità paesaggistica è un procedimento di natura paesaggistica, disciplinato dall’art. 167 del D.Lgs. 42/2004 “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, che permette di richiedere un’autorizzazione paesaggistica ex post, per opere minori (e tra poco vedremo quali caratteristiche devono avere) in zone sottoposte a vincolo paesaggistico.

Quindi mentre il primo, l’accertamento della conformità urbanistica, è finalizzato ad ottenere una sorta di sanatoria solo sotto il profilo edilizio-urbanistico, il secondo, l’accertamento della compatibilità paesaggistica, valuta le opere realizzate in assenza di autorizzazione solo sotto il profilo paesaggistico (generalmente dopo che sono anche conformi sotto il profilo edilizio!).

Generalmente sono due domande diverse rivolte a due uffici differenti; e vengono emessi due provvedimenti differenti.

Ma l’argomento di questo post è la sanatoria in zona vincolata, quindi l’accertamento della compatibilità paesaggistica e ora ci concentriamo su quello.

Accertamento della Compatibilità Paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del D.Lgs. 42/2004

Come abbiamo detto, l’articolo che disciplina la possibilità di richiedere un’autorizzazione paesaggistica dopo che le opere sono già realizzate è l’articolo 167 del D.Lgs. 42/2004 “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, per gli amici semplicemente “Codice”.

Più precisamente ci troviamo nella

  • Parte quarta
    • Titolo I
      • Capo II
        • Articolo 167

del Codice.

Riporto integralmente l’articolo 167, e poi vediamo su quale comma concentrarci.

Art. 167. Ordine di rimessione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria

  1. In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto al comma 4.
  2. Con l’ordine di rimessione in pristino è assegnato al trasgressore un termine per provvedere.
  3. In caso di inottemperanza, l’autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica provvede d’ufficio per mezzo del prefetto e rende esecutoria la nota delle spese. Laddove l’autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica non provveda d’ufficio, il direttore regionale competente, su richiesta della medesima autorità amministrativa ovvero, decorsi centottanta giorni dall’accertamento dell’illecito, previa diffida alla suddetta autorità competente a provvedervi nei successivi trenta giorni, procede alla demolizione avvalendosi dell’apposito servizio tecnico-operativo del Ministero, ovvero delle modalità previste dall’articolo 41 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a seguito di apposita convenzione che può essere stipulata d’intesa tra il Ministero e il Ministero della difesa.
  4. L’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:
    • a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
    • b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;
    • c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
  5. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L’importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell’articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma.
  6. Le somme riscosse per effetto dell’applicazione del comma 5, nonché per effetto dell’articolo 1, comma 37, lettera b), n. 1), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, sono utilizzate, oltre che per l’esecuzione delle rimessioni in pristino di cui al comma 1, anche per finalità di salvaguardia nonché per interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. Per le medesime finalità possono essere utilizzate anche le somme derivanti dal recupero delle spese sostenute dall’amministrazione per l’esecuzione della rimessione in pristino in danno dei soggetti obbligati, ovvero altre somme a ciò destinate dalle amministrazioni competenti.

Non voglio fare un trattato sull’intero articolo 167, tuttavia vorrei concentrare le nostre attenzioni su alcuni aspetti.

Il primo è i titolo dell’articolo 167 “Ordine di rimessione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria“.

Già dal titolo, tira una brutta aria 😂

E la possibilità di legittimare le opere?

E’ disciplinata dal successivo comma 4 che ora esaminiamo.

Quali Caratteristiche Devono Avere le Opere per l’Accertamento della Compatibilità Paesaggistica

Il comma 4 risponde alla domanda:

Quali caratteristiche devono avere le opere per poter ottenere l’accertamento della compatibilità paesaggistica?

Le opere:

  • non devono aver determinato la creazione di superfici utili
  • non devono aver determinato la creazione di volumi
  • non devono aver determinato l’ampliamento dei volumi esistenti
  • non devono essere state realizzate con materiali differenti da quelli previsti nell’autorizzazione paesaggistica (se presente)
  • Se le opere rientrano nella definizione di manutenzione ordinaria o manutenzione straordinaria (art. 3 del DPR 380/2001), allora sono accettabili

Se le opere realizzate in assenza di autorizzazione paesaggistica o in difformità da essa hanno queste caratteristiche, allora possono essere suscettibili dell’ottenimento della sanatoria paesaggistica, mediante l’accertamento della compatibilità.

Il successivo comma 5 ci indica l’iter da seguire.

Chi e Come può Richiedere l’Accertamento della Compatibilità Paesaggistica

Come dicevamo, il comma 5 ci indica innanzitutto il chi può effettuare una richiesta dell’accertamento della compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.

  • Il proprietario
  • Il possessore
  • Il detentore a qualsiasi titolo

Qui la volontà del legislatore è quella di ampliare il raggio delle potenziali persone che possono ottenere un’autorizzazione paesaggistica per accertamento della compatibilità, senza irrigidirsi troppo sul titolo di possesso dell’area o dell’immobile.

L’iter successivo, se vogliamo rappresentarlo per punti, è il seguente:

  • presentazione della domanda
  • l’autorità preposta si pronuncia entro 180 giorni previo
  • parere della Soprintendenza, vincolante, entro 90 gg dalla presentazione della domanda
  • se si accerta la compatibilità (quindi la domanda è positiva) si effettua una perizia di stima (giurata)
  • si paga la sanzione
  • altrimenti, se si accerta che le opere non sono compatibili con il paesaggio, come diceva il titolo dell’articolo 167, si dovrà procedere alla rimessa in pristino mediante demolizione

Conclusione e sintesi – Valutazione ?

In questa sintesi smart, mi limiterò a riassumere le caratteristiche che devono avere le opere realizzate in assenza di autorizzazione paesaggistica affinchè si possa chiedere e ottenere l’accertamento della compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del D.Lgs. 42/2004

  • non devono aver determinato la creazione di superfici utili
  • non devono aver determinato la creazione di volumi
  • non devono aver determinato l’ampliamento dei volumi esistenti
  • non devono essere state realizzate con materiali differenti da quelli previsti nell’autorizzazione paesaggistica (se presente)
  • Se rientrano nella definizione di manutenzione ordinaria o manutenzione straordinaria (art. 3 del DPR 380/2001)

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Gazebo in Edilizia Libera: L’installazione di un Gazebo Senza Permessi è un Abuso Edilizio?

L’eterna diatriba tra le opere che possono essere installate senza nessuna autorizzazione: alcuni sostengono che sia possibile installare un gazebo in regime di edilizia libera, per l’installazione senza permessi di un gazebo rappresenta un abuso edilizio. Facciamo chiarezza grazie al Consiglio di Stato, con la sua sentenza n. 8049/2023

Gazebo sì … gazebo no .. gazebo bum … la strage infinita!

Elio e le Storie Smart
gazebo edilizia libera gazebo abuso

Nel mondo dell’edilizia esiste una diatriba che va avanti dai tempi che furono.

Ogni qual volta esce una normativa che tende a semplificare la burocrazia che c’è dietro alla realizzazione di alcune opere, non si capisce mai quale sia il confine, per la stessa opera, tra l’edilizia libera e l’abuso edilizio.

Abbiamo Guelfi e Ghibellini anche per l’installazione del gazebo: alcuni sostengono che sia possibile installare un gazebo in regime di edilizia libera, mentre per altri l’installazione senza permessi di un gazebo rappresenta un abuso edilizio.

Chi ha ragione?

Mah …

Esiste però un modo per fare chiarezza … grazie al Consiglio di Stato!

La Sentenza del Consiglio di Stato n.8049/2023 ci spiega meglio quando un gazebo va in edilizia libera e quando invece necessita di altri titoli, senza la quale la sua installazione diventa un abuso.

Il Caso Analizzato nella Sentenza del CdS n.8049/2023

Il caso arrivato fino al Consiglio di Stato può essere riassunto in poche righe.

L’opera:

E’ stata realizzata una struttura lignea coperta, e chiusa su più lati.

Su un lato si poggiava sul fabbricato esistente, sull’altro lato mediante chiusure scorrevoli in alluminio.

Nella Sentenza 8049/2023, leggiamo infatti una breve descrizione

… alla realizzazione di una struttura chiusa tanto sul lato ovest (in quanto poggia sulla parete perimetrale del fabbricato) quanto su quello est (da porte scorrevoli e in alluminio) …

Estratto dalla Sentenza del Consiglio di Stato n. 8049/2023

L’evoluzione del caso:

  • Ordinanza di demolizione del Comune di competenza.
  • Ricorso al TAR Campania
  • Espressione del TAR a favore del Comune, confermando la liceità dell’ordinanza emessa.
  • Ricorso al Consiglio di Stato

E poi?

definizione gazebo edilizia libera abuso edilizio

Definizione di Gazebo secondo il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato risponde picche ai ricorrenti, e conferma la decisione del TAR Campania, ritenendo legittima l’ordinanza.

La motivazione, sostanzialmente, è che l’opera realizzata non si può definire un gazebo.

Ecco come il Consiglio di Stato definisce il gazebo:

La giurisprudenza ormai prevalente, anche di questa Sezione, ritiene, infatti, “che per “gazebo” si intende, nella sua configurazione tipica, una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 giugno 2023, n. 6263; in termini anche Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 aprile 2021, n. 3393 che ha circoscritto la nozione di “manufatti leggeri” annoverabili nell’area dell’edilizia libera facendovi rientrare esclusivamente tende o gazebo che non abbiano autonomia funzionale e non realizzino uno spazio chiuso stabile).

Estratto dalla Sentenza del Consiglio di Stato n. 8049/2023

e continua

Non risponde, per contro, a siffatte caratteristiche l’intervento de quo che, avendo portato alla realizzazione di una struttura chiusa tanto sul lato ovest (in quanto poggia sulla parete perimetrale del fabbricato) quanto su quello est (da porte scorrevoli e in alluminio), risultava assoggettato al previo rilascio di un permesso di costruire.

Estratto dalla Sentenza del Consiglio di Stato n. 8049/2023

Insomma … non è andata proprio benissimo.

Ma per tornare alla domanda iniziale:

Gazebo in Edilizia Libera: L’installazione di un Gazebo Senza Permessi è un Abuso Edilizio?

Dipende is the new black

Qualcuno su internet!

La risposta alla domanda di partenza è:

Dipende!

In realtà al risposta è NO, non è un abuso.

Sempre che quello che state realizzando sia circoscrivibile all’interno della definizione di gazebo.

Se non rientra nel perimetro della definizione di gazebo, allora è un abuso edilizio, perché non si può definire un gazebo!

Sintesi Smart e Concetti da Ricordare

Cosa abbiamo imparato?

La definizione di Gazebo, secondo copiosa giurisprudenza, è:

  • una struttura leggera
  • non aderente ad altro immobile
  • coperta nella parte superiore
  • aperta ai lati
  • realizzata con struttura portante in
    • legno strutturale
    • ferro battuto
    • alluminio
  • talvolta, chiuso ai lati da tende rimovibili
  • che non abbia autonomia funzionale
  • e non realizzi uno spazio chiuso stabile

Realizzare un gazebo, come sopra definito, in edilizia libera non è un abuso.

Se l’opera non rispetta tutti i parametri sopra indicati, non si può chiamare gazebo, e quindi potrebbe risultare un abuso edilizio se realizzata senza i dovuti permessi.

Scarica il Testo integrale della Sentenza del Consiglio di Stato n. 8049/2023!

La Differenza Tra Luci e Vedute

La Differenza Tra Luci e Vedute è Disciplinata dal Codice Civile. Vediamo in Cosa Differiscono

Finché esisteranno finestre, l’essere umano più umile della terra avrà la sua parte di libertà.

Amélie Nothomb

Conoscere la differenza tra luci e vedute è qualcosa di molto importante per noi tecnici smart.

Perché conoscere la differenza tra luci e vedute ci può aiutare a trasformare dei locali non abitabili in locali abitabili, ad aumentare il valore degli immobili dei nostri clienti, a migliorare le condizioni di salubrità degli immobili grazie ai ricambi di luce e aria, senza configurare nuove finestre.

I due articoli che dobbiamo conoscere sono l‘articolo 900 e l’articolo 901 del Codice Civile.

Articolo 900 del Codice Civile: “Specie di finestre”

articolo 900 codice civile specie di finestre

L’articolo 900 del Codice Civile è nominato “Specie di Finestre”.

Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie:

luci, quando danno passaggio alla luce e all’aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino;

vedute o prospetti, quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente

Articolo 900 del Codice Civile “Specie di Finestre”

La bellezza del Codice Civile è anche questa: la sua semplicità di esposizione, adatta a tutti (a differenza delle leggi e dei decreti che sembrano scritti da azzeccagarbugli con lo scopo di confondere. Ed in effetti è così … Per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano. Giolitti docet).

Ma torniamo a quel che ci interessa, il testo dell’articolo 900 del Codice Civile “Specie di Finestre”

L’analisi del testo, come scrivevo sopra, è veramente semplice e diretta

Le luci:

  • consentono il passaggio alla luce
  • consentono il passaggio all’aria
  • non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino

Le vedute o prospetti:

  • permettono di affacciarsi sul fondo del vicino
  • di guardare frontalmente
  • di guardare obliquamente
  • di guardare lateralmente
  • e ovviamente, dato per sottinteso, possono permettere il passaggio di luce e aria (come le vedute).

Possiamo dire che le vedute sono un’estensione delle luci, a cui si aggiunge la possibilità di guardare sul fondo del vicino.

Questa distinzione, da sola, è molto utile; diventa però utilizzabile in modo smart nel nostro lavoro quotidiano quando leggiamo il testo dell’articolo 901 del Codice Civile.

Prima di procedere oltre, un piccolo approfondimento sulla possibilità di guardare frontalmente, obliquamente e lateralmente.

Le vedute sono considerate:

  • dirette, quando permettono di guardare verso il fondo del vicino in linea perpendicolare rispetto alla parte su cui insiste l’apertura;
  • oblique, quando permettono di vedere, senza sporgersi dall’apertura, verso un fondo adiacente che si trova alla sinistra o alla destra rispetto al fondo visibile con veduta diretta. Nel caso in cui sia ha una veduta sia diretta che obliqua, perché la veduta è molto ampia, allora la veduta si considera “diretta”;
  • laterali, quando la possibilità di vedere l’altro fondo necessita di sporgersi dall’apertura e guardare lateralmente. Possiamo definire una veduta laterale come un sottoinsieme della veduta obliqua.

Articolo 901 del Codice Civile: “Luci”

Articolo 901 del Codice Civile Luci

Le luci che si aprono sul fondo del vicino devono:

1) essere munite di un’inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati;
2) avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria, se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri se sono ai piani superiori;
3) avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare l’altezza stessa.

Articolo 901 del Codice Civile “Luci”

Anche qui, possiamo apprezzare la semplicità e chiarezza del Codice Civile.

E’ tanto schematico quanto poco soggetto ad interpretazione.

Lo scopo di questo articolo 901 sulla definizione di ulteriori caratteristiche che devono avere le luci, letto in composizione con il precedente articolo 900, permette al vicino di poter aprire una luce sul fondo adiacente anche senza l’autorizzazione del proprietario a determinate condizioni.

Innanzitutto si devono configurare come luci, come definite nell’articolo 900, descritto in precedenza.

Inoltre le luci, per poter essere aperte sul fondo del vicino, dovranno:

  • avere un’inferriata e una grata di dimensione determinata
  • nel lato di chi intende aprire la luce, il lato inferiore deve avere un’altezza non inferiore a 2,5 m se al piano terreno, o non minore di 2 m se ai piani superiori
  • nel lato del vicino sul quale si aprirà la luce, l’altezza del lato inferiore non deve essere inferiore a 2,5 m

Un chiarimento è doveroso per tutti quei casi che, seppur minuti di inferriate e altezze, permettono di affacciarsi sul fondo del vicino.

Esistono dei casi, infatti, in cui un’apertura munita di inferriata può essere considerata veduta anziché luce: questo può accadere solo se da questa apertura è possibile affacciarsi e di guardare, di fronte, obliquamente o lateralmente.

Un altro caso per il quale un’apertura viene definita veduta e non luce quando presenta maglie così larghe da consentire di esporre il capo in ogni direzione; o ancora quando non sia aderente o interna alla superficie esterna del muro ma fuoriesca dal muro stesso, mediante un distacco tale da permettere di sporgere il capo, e quindi di affacciarsi verso il fondo vicino.

Una Sintesi Smart sulla Differenza Tra Luci e Vedute

Come di consueto, chiudiamo l’articolo con una sintesi sul tema: la differenza tra luci e vedute.

Le luci consentono il passaggio di luce e aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del confinante.

Le luci devono avere un’inferriata e una grata fissa con maglie non superiori a 3 centimetri quadrati.

Le luci devono avere, per il lato inferiore, un’altezza non inferiore a 2,5 m dal suolo che si vuole dotare di luce e aria (e al piano terreno), o 2 m se ai piani superiori.

Le luci devono avere il lato inferiore ad un’altezza non inferiore a 2,5 m dal suolo del vicino sul quale si apre la luce.

Le luci devono avere un’inferriata a filo muro, e se sporgesse, tale da non permettere di esporre il capo in ogni direzione.

Le vedute permettono di affacciarsi sul fondo del vicino e di guardare frontalmente, lateralmente o obliquamente.

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Distanze Cappotto Termico: Sono da Rispettare? Si Può Andare in Deroga?

Distanze Cappotto Termico: E’ importante conoscere quali sono i casi in cui una determinata regola può essere derogata. Attenzione ai limiti e alle condizioni!

Tutto è Derogabile… Tranne il Codice Civile!

… Almeno in materia di distanze è così!

Distanze e cappotto termico.

Uno dei problemi ricorrenti, quando si opera in edifici esistenti, è proprio la valutazione che dobbiamo fare sulle migliorie che intendiamo inserire.

Nel caso specifico parliamo di come valutare, ai fini delle distanze, il maggior spessore derivante dal cappotto termico.

Inutile soffermarci troppo su che cos’è il cappotto termico, siamo dei tecnici “smart” e tutti sappiamo che rappresenta uno dei possibili lavori di miglioramento delle prestazioni energetiche dell’involucro edilizio: il “cappotto termico”.

Detto in parole meno povere, si tratta della coibentazione delle superfici opache verticali (wow … che paroloni!)

Uno degli aspetti che, da tecnici, siamo chiamati ad affrontare è il rapporto tra l’intervento di coibentazione a cappotto e le distanze minime previste dalle leggi vigenti.

Andiamo per ordine, e vediamo quali sono gli elementi a cui dobbiamo prestare attenzione, e le opportunità che possiamo sfruttare per una corretta valutazione delle distanze nel nostro progetto della coibentazione delle strutture opache verticali (cappotto).

Vedremo:

  • Quali Sono le Distanze a cui si deve fare attenzione
  • Per Quali Distanze è Possibile la Deroga per il Cappotto Termico?
  • Sintesi Smart: Che Cosa Abbiamo Imparato?

Quali Sono le Distanze a Cui Si Deve Fare Attenzione

attenzione distanze legali cappotto termico

In linea di principio, si deve sempre tenere conto di tutte le distanze, come per ogni costruzione o nuova costruzione.

Parliamo quindi delle:

  • Distanze dai confini
  • Distanze dai fabbricati
  • Distanze da pareti finestrate
  • Distanze previste dal Codice Civile

Ma … esiste sempre un ma …

Per alcune di queste, il legislatore, ha previsto delle deroghe!

Per Quali Distanze è Possibile la Deroga alle Distanze per il Cappotto Termico?

Il comma che possiamo utilizzare per comprendere a quali distanze possiamo andare in deroga con il cappotto termico, e con quali modalità è il comma 7 dell’articolo 14 del D.Lgs. 102/2014 che recita

7. Nel caso di interventi di manutenzione straordinaria, restauro e ristrutturazione edilizia, il maggior spessore delle murature esterne e degli elementi di chiusura superiori ed inferiori, necessario per ottenere una riduzione minima del 10 per cento dei limiti di trasmittanza previsti dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo, non è considerato nei computi per la determinazione dei volumi, delle altezze, delle superfici e dei rapporti di copertura. Entro i limiti del maggior spessore di cui sopra, è permesso derogare, nell’ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprietà, alle distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario, nonché alle altezze massime degli edifici. Le deroghe vanno esercitate nel rispetto delle distanze minime riportate nel codice civile.

Comma 7, articolo 14, Decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102

Analizziamolo.

Come primo elemento notiamo che il comma 7 citato limita la possibilità ai soli casi di

  • manutenzione straordinaria
  • restauro
  • ristrutturazione edilizia

Significa che se il vostro intervento edilizio non rientra in questa fattispecie, allora non potete applicare il comma 7.

Lapalissiano!

La seconda condizione affinché possa essere applicata questa deroga (poi vediamo in quale misura è permessa) è l’ottenimento della riduzione del 10% dei limiti di trasmittanza termica previsti dal D.Lgs. 192/2005 e smi

Che cosa è possibile derogare ?

Il maggior spessore delle murature esterne (derivante dal cappotto!) e degli elementi di chiusura superiori e inferiori.

Quindi anche il nostro cappotto applicato alle murature esterne!

E la deroga avviene per il computo di:

  • volumi
  • altezze
  • superfici
  • rapporti di copertura

E, aggiunge il testo, è possibile derogare anche alle norme nazionali, regionali e comunali, per le (ecco la parte delle distanze legali che ci interessa!)

  • distanze minime tra edifici
  • distanze dai confini di proprietà
  • distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario
  • altezze massime degli edifici

Esiste però un limite inderogabile, che la norma indica(anche se per il nostro ordinamento giuridico sarebbe stato anche inutile, ma è sempre bene specificare) ed è il Codice Civile.

La deroga prevista dall’articolo 14 comma 7 del D.Lgs. 102/2014 non può infatti derogare i limiti previsti dal Codice Civile in materia di distanze.

Si tratta degli articoli del Codice Civile che vanno partono dal 873, e successivi.

Senza dilungarci troppo in tutti gli articoli del Codice Civile in materia di distanze, vorrei però riportare l’art. 873, che rappresenta un caposaldo delle distanze tra le costruzioni.

Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.

Art. 873 del Codice Civile

Non voglio dilungarmi troppo sulla trattazione, di questo e degli altri articoli, perché meritano degli approfondimenti a parte.: infatti man mano che vedremo i vari articoli del Codice Civile, vedremo anche dei concetti importanti come la differenza tra le costruzioni in aderenza o in appoggio, i muri di cinta e i muri di confine, il principio di prevenzione, l’innesto nei muri e così via.

Sintesi Smart: Che Cosa Abbiamo Imparato?

Tutto è Derogabile… Tranne il Codice Civile!

… Almeno in materia di distanze è così!

Riassumiamo, brevemente, quel che dobbiamo tenere a mente quando progettiamo un cappotto termico:

  • Nei soli casi di manutenzione straordinaria, restauro, ristrutturazione edilizia
  • Possiamo derogare a volumi, altezze, rapporti di copertura e superfici
  • Possiamo derogare alle distanze minime tra edifici, dai confini di proprietà, minime di protezione dal nastro stradale e ferroviario, e all’altezza massima degli edifici
  • NON possiamo derogare alle distanze disciplinate dal Codice Civile (articoli dall’873 ai successivi)

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